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Carceri e giustizia: Bernardini, i dati aggiornati al 31 marzo preoccupano i Radicali
Dichiarazione di Rita Bernardini, Segretaria di Radicali italiani, giunta oggi al 32° giorno di sciopero della fame:
Secondo i dati diffusi dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria al 31 marzo 2015 i detenuti presenti nei 200 istituti penitenziari italiani sono 54.122 e tornano a risalire dopo gli effetti dovuti ai vari provvedimenti “svuotacarceri” e, soprattutto, alla sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale la legge Fini-Giovanardi che equiparava le sostanze stupefacenti leggere (hashish e marijuana) a quelle pesanti (eroina, cocaina).
I detenuti in attesa di giudizio sono 19.799 pari al 27,6% (erano il 43% il 30 novembre 2010) mentre coloro che scontano una pena carceraria definitiva sono il 63,4%. Su questo fronte si registra dunque un deciso miglioramento visto che fino a poco tempo fa eravamo ben oltre il 40%. Preoccupa la grande quantità di detenuti in attesa di primo giustizio, che sono quasi diecimila: 9.504 per l’esattezza. I detenuti stranieri sono 17.617 pari al 32,5% del totale (il 30 novembre 2010 erano il 37%).
Quanto al sovraffollamento, ci sono ben 58 carceri con un sovraffollamento superiore al 130% (tenendo conto delle sezioni chiuse). Si va dal 200% della Casa Circondariale di Udine (164 detenuti in 82 posti effettivi), al 199% del carcere di Busto Arsizio (303 detenuti in 145 posti effettivi), al 196% del carcere di Latina (149 detenuti in 76 posti). Quanto ai grandi istituti penitenziari, a Milano-San Vittore si registra un sovraffollamento del 182% (963 detenuti in 530 posti effettivi), a Roma-Regina Coeli del 178%, a Verona Montorio del 176% (608 detenuti in 345 posti), a Padova-2 Palazzi del 169% (738 detenuti in 436 posti), a Lecce-Nuovo complesso del 163,5% (1.017 detenuti in 622 posti), a Napoli Secondigliano del 153% (1.353 detenuti in 886 posti), a Bologna-Dozza del 150% (734 detenuti in 489 posti), a Milano-Opera del 146% (1.303 detenuti in 893 posti).
Quel che preoccupa, e quindi come radicali ci “occupa” di più, sono i tanti detenuti che si trovano ancora in carcere perché non hanno potuto rivedere al ribasso la pena che è stata loro comminata in base ai vecchi minimi e massimi edittali della legge Fini/Giovanardi che andavano dai 6 ai 20 anni senza fare distinzione fra droghe pesanti e droghe leggere mentre, dopo la dichiarazione di incostituzionalità per i derivati della cannabis, si è passati a pene edittali che vanno dai 2 ai 6 anni.
Ma c’è di più. Nelle carceri i detenuti che lavorano sono solo il 20% e fanno lavori saltuari e per niente spendibili una volta finita la prigionia; in molti sono afflitti da gravi malattie e non sono curati come è loro diritto, tantissimi sono illegalmente ristretti in istituti lontano dalle famiglie e dagli affetti. Gli educatori sono insufficienti e non riescono a chiudere per tempo le relazioni di sintesi per l’accesso alle misure alternative, per non parlare della carenza di psicologi che si riflette drammaticamente su una popolazione detenuta che per il 30% è formata da tossicodipendenti e per il 20% da casi di sofferenza psichiatrica.
Alla base del mio sciopero della fame per l’amnistia e l’indulto, come aveva chiesto alle camere con il suo messaggio costituzionale il Presidente Emerito Napolitano, c’è innanzi tutto, oltre alla condizione di illegalità delle carceri, la débâcle della giustizia irragionevolmente e incostituzionalmente lunga. E’ stato il magistrato Mario Barbuto a dirci pochi giorni fa che i procedimenti penali pendenti sono ben 4.600.000: una montagna mostruosa che blocca l’amministrazione della giustizia.
Infine – e concludo sul tema dell’informazione – come mai nessun grande mezzo di informazione (inclusi i giornali) ha detto che la Direzione Nazionale Antimafia, nella sua recente relazione annuale, si è espressa categoricamente per la depenalizzazione dei derivati della cannabis? E ancora, perché nessun mass-media ha detto una parola sul fatto che il Governo ha fatto decadere, non esercitando la delega, il provvedimento che prevedeva la detenzione domiciliare come pena principale che avrebbe potuto essere comminata per reati puniti nel massimo edittale fino a 5 anni? Timori elettorali filo-leghisti?
Media e dintorni
Fatto in Italia
Il Maratoneta - trasmissione a cura dell'Associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica
Bolognetti: l’impossibile coesistenza tra attività estrattive e tutela del territorio e della salute.
Da Gazzetta del Mezzogiorno, 3 aprile 2015
Di Maurizio Bolognetti, Segretario di Radicali Lucani
Qualcuno in questi mesi ha scoperto l’acqua calda: le attività minerarie in quel di Corleto Perticara hanno determinato una contaminazione delle matrici ambientali.
Peccato che molte di queste situazioni di inquinamento risalgano a un passato non remoto, che è stato convenientemente rimosso e spazzato sotto un tappeto di silenzio, omertà e conoscenza negata. A Corleto Perticara, oggi enclave petrolifera Total in Basilicata, ahinoi, non ci sono solo le migliaia di metri cubi di fanghi stoccati in c/da Serra Dievolo, ma anche numerosi siti inquinati di cui negli anni si è persa traccia e memoria. Situazioni d’inquinamento denunciate dall’Eni nel 2001. I nomi dei siti sono esotici; ciò che a volte emerge dalla lettura dei piani di caratterizzazione è inquietante. Da Tempa la Manara a Gorgoglione, da Tempa d’Emma 1 St e Ter, passando per Tempa Rossa 2, 1 dir, 1 dir ter e Perticara 1, proverò a tratteggiare una storia di veleni dimenticati per rinfrescare la memoria a coloro che continuano a venderci un sogno petrolifero tramutatosi inevitabilmente in incubo. Purtroppo nulla è dato sapere del profilo del Pozzo “Tempa Rossa 2”, trivellato a scopo esplorativo nel 1991; sul sito dell’Unmig esso è infatti classificato come non disponibile. Quel che invece sappiamo è che il 6 aprile 2001 gli uffici di Viale Verrastro protocollano una denuncia di inquinamento, inviata da Eni Spa – Divisione Agip, che ha detenuto la concessione prima che la stessa fosse ceduta alla Total. Nella missiva, firmata dall’allora responsabile del distretto Giancarlo Vacchelli, è dato leggere che l’Eni “intende attivare le procedure per gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e di ripristino ambientale, nel sito denominato “Pozzo Tempa Rossa 2”. Il responsabile del Distretto precisa che la situazione di potenziale inquinamento è antecedente all’entrata in vigore del “Decreto Ronchi”, e cioè antecedente al 1997. Il 30 settembre 2011, il Comune di Corleto Perticara trasmette al Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata, alla Asp, alla Provincia e ad Arpab la Determina Dirigenziale n. 150, avente per oggetto il Piano di caratterizzazione del sito “Area Pozzo Tempa Rossa 2”, redatto da Total il 6 giugno 2011. In realtà, sul fatto che Eni abbia dato corso agli interventi di Mise ci sono seri dubbi. Nel sopra citato Piano, infatti, si afferma che “dalle informazioni a disposizione non è noto quali attività siano state effettivamente realizzate” dopo la comunicazione dell’aprile 2001. Ma le sorprese non finiscono qua se consideriamo che Total riferisce di “una serie di vasche interrate utilizzate per la gestione dei fanghi probabilmente non impermeabilizzate”. Comunque sia, a confermare che l’inquinamento denunciato nel 2001 - e probabilmente prodottosi all’inizio degli anni ’90 - fosse tutt’altro che presunto, è la “Relazione Tecnica Integrativa Scavi di Decontaminazione” del piazzale “Tempa Rossa 2”, prodotta da Total il 3 aprile del 2013, nella quale si legge di interventi di Messa in sicurezza effettuati dopo aver riscontrato il superamento “del parametro idrocarburi pesanti in alcuni campioni di terreno della matrice suolo profondo prelevati nel corso delle indagini di caratterizzazione”. La partita ad oggi è tutt’altro che chiusa e la definitiva bonifica non è stata ancora completata. A confermarlo è la stessa Total che afferma che la seconda fase di Mise non ha consentito la “rimozione della sorgente secondaria di contaminazione rappresentata da terreno contaminato da idrocarburi” e propone di redigere un’Analisi di Rischio sito specifica(Adr) per procedere a “una valutazione quantitativa dei rischi per la salute umana connessi alla presenza di inquinanti nelle matrici ambientali”. Nel darvi appuntamento alla seconda puntata, verrebbe da chiedere all’ineffabile signor Innocenzo Titone, e a tutti gli sponsor palesi e occulti delle petrolobby che hanno invaso le nostre valli, se siano davvero convinti che le attività estrattive possano coesistere con l’agricoltura, la tutela della salute umana e dell’ambiente. A lor signori, che con impareggiabile faccia tosta declinano bugie su bugie, ricordo una volta di più che nel 2000 la Commissione Bicamerale sul ciclo dei rifiuti riferiva della presenza in Basilicata di oltre 400 siti inquinati dalle attività di ricerca, estrazione e coltivazione idrocarburi.
Approfondimenti
Gazzetta del Mezzogiorno(Ed. Lucana), 3 aprile 2015
Relazione integrativa Total aprile 2013
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