Su Enzo Tortora e Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi ha conservato un po' di "pudore", questa la notizia. Anni addietro, si autodefinì "unto dal Signore" per sottolineare come la sua azione politica fosse "ispirata" direttamente dall'alto. Con Enzo Tortora non ce l'ha fatta, ha avuto, appunto, un certo "pudore" nel non fare un paragone "esplicito", limitandosi quindi a farlo "implicito" (mica si può pretendere che rinneghi totalmente la sua natura da impostore), tra se stesso e colui che fu Presidente del Partito radicale e che fece della battaglia per la giustizia giusta la sua ragione di vita dopo l'arresto del 1983: Enzo Claudio Marcello Tortora. Mi sono interrogato sul fatto se questa sua specie di "pudore" non fosse per caso sintomatica di una certa paura dell'ignoto per il suo avvicinarsi, in quanto lui credente, al giudizio, dell'Altissimo ovviamente, non certo davanti ai suoi giudici naturali, quelli li evita come la peste.

Penso da almeno sedici anni che Berlusconi sia un impostore, che non sia un liberale. Può concedere tutto, a se stesso e al resto del pianeta, in quanto impostore, ma fino a un certo punto: nel corso di un comizio ha perciò strumentalmente citato il caso Tortora come emblema della sua battaglia contro i magistrati. Ciò facendo, tuttavia non si è definito il "Tortora vivente", ha ridimensionato la sua iattanza, evidentemente, ma ha puntato ad altro: paragonare la sua azione politica (non certo quella giudiziaria), a quella che fu l'azione politica di Enzo Tortora e dei radicali, tacendo però la discriminante fondamentale. I radicali, infatti, si son sempre battuti, de jure condito, perchè il potere rispettasse la sua propria legge, e nel contempo lottando, de jure condendo, per cercare di modificarla con i referenda abrogativi, con milioni di firme, autenticate e certificate, raccolte dai militanti radicali ai tavoli, autofinanziati, per le strade, e così introducendo Riforme fondamentali come, tra le altre, quella della responsabilità civile dei magistrati, uno dei referendum c.d. Tortora del 1987, poi tradite dalla casta partitocratica e dalle altre caste sodali. Berlusconi, invece (ed è un "invece" grande quanto l'Everest), opera, con i suoi media, con i suoi parlamentari, con il suo Partito, con i suoi legali, con i suoi quattrini, con la sua "squadra" (perchè Silvio è innanzitutto leader della "sua" squadra, poi leader di tutto il resto), per alterare, per il proprio esclusivo tornaconto giudiziario, l'agenda del Parlamento della Repubblica, l'attenzione dei media, l'informazione e, quindi, la formazione stessa dell'opinione pubblica. Attenzione: non è il solo a farlo! La c.d. sinistra colleziona da sempre teppisti dell'informazione anche più pericolosi, perchè meno vistosamente ridicoli, dei prezzolati da Silvio.

Enzo Tortora, eletto parlamentare europeo, dopo la sua condanna a dieci anni in primo grado, rifiutò l'immunità e si dimise da parlamentare, rispettando quanto annunciato di fronte ai cittadini al momento della candidatura. Silvio, invece ("invece" grande quanto quello sopra e, se possibile, anche di più), ha confezionato leggi, nemmeno "ad personam", ma proprio "ad silvium" per ritardare, eludere o evitare le condanne o comunque far annaspare i suoi processi. Tortora chiedeva il rispetto della legge e un giusto processo, Mr. B. ha capito subito che qualcuno (il partito dei giudici della c.d. sinistra, intendiamoci, potentissimo nella Repubblica italica del non-Stato di diritto, questo bisogna riconoscerlo al buon Silvio da Arcore), a sinistra appunto, stava per presentargli il conto e per evitare un tristissimo Piazzale Loreto dei poveri (esilio da miliardario, n.d.r.), ha deciso che l'unico modo per sfuggire ai corleonesi della partitocrazia era allearsi con i palermitani della stessa e usare le loro stesse armi, quelle partitocratiche, connaturate dallo sport preferito dai sedicenti politici nostrani: la violazione dello Stato di diritto. Silvio si è quindi seduto allo stesso tavolo, quello partitocratico, e ha proposto di pagare il suddetto salatissimo conto con altra merce, di natura politica.

La storia degli ultimi venti anni della Repubblica altro non è che lotta tra bande partitocratiche e il conto, quello vero, del debito pubblico e della deriva anti-economica e contro lo Stato di diritto del Paese, lo hanno pagato, lo stanno pagando e lo pagheranno gli italiani delle generazioni passate, presenti e delle prossime dieci. Rispettare la legge? Certo, Berlusconi la rispetta la legge, mica sto scrivendo il contrario, mica sto scrivendo che Silvio è un rubagalline! Niente affatto, Silvio la legge la rispetta al 100%, ma, nello stesso tempo, prende tempo, mi perdonerete la ripetizione. Da fine conoscitore del calcio qual è, fa melina. Fa giocare agli italiani il più pericoloso Risiko politico della loro storia e, intanto, con calma, opera, inesorabilmente, per cambiare ciò che nella legislazione non gli va proprio a pennello, le norme che gli stringono sul cavallo dei pantaloni e non solo, in modo da renderle tutte armonicamente "a misura di Silvio".

In buona sostanza, Berlusconi ritiene di non essere uguale ad ogni altro cittadino davanti alla legge, ma di essere più "uguale" degli altri e questa singolare "uguaglianza" possono permettersela solo lui e pochi altri in Italia, pagandola profumatamente, a suon di parcelle di avvocati o di obbligazioni politiche, le sole che non scadono e non si svalutano mai. Giusto processo? No, di certo. E', piuttosto, il processo "uti Silvius" o, generalizzando e se preferite, "uti pecunia". Non tutti possono permetterselo, ma i pochi, eletti, che lo conquistano hanno l'impunità totale, non per legge, ma per pecunia, appunto: si chiama prescrizione ed altro non è che un'"amnistia di classe".

Certo, il Silvio nazionale non si è paragonato a Enzo Tortora, ha fatto di peggio, assolutamente di peggio: lo ha nominato, ne ha citato una frase storica pronunciata dallo stesso Tortora nel corso del suo processo, per strumentalmente averne un tornaconto politico. Questo il vero, profondo, inarrivabile, vomito! Berlusconi distrae dai veri problemi della giustizia. Se davvero avesse a cuore la lotta contro i mali storici della giustizia italica, così come è stato per il nobilissimo Enzo Tortora, da tempo avrebbe perseguito un'azione per la Riforma del sistema giudiziario italiano, cominciando dal ripristino dello Stato di diritto, la cui violazione è oramai certificata da tutte le giurisdizioni sovrannazionali, cominciando cioè con l'amnistia, quella "legale", per tutti, non quella "liberalizzata", per pochi, i benestanti.

In definitiva, ancora una volta e anche se non se ne sentiva affatto il bisogno, Silvio Berlusconi ha messo in evidenza ciò che antropologicamente rappresenta: un'impostura! Non è un liberale, non ama la politica, quella vera, ma usa (esattamente come i suoi presunti avversari), la politica per il proprio tornaconto. Berlusconi non ha a cuore la giustizia di quelli che non si chiamano Silvio Berlusconi, mentre, o, se preferite un "invece" come quelli di sopra, Enzo Tortora intraprese la sua azione politica con i radicali proprio per quelli che non si chiamavano Enzo Tortora.