Politica
Marco Pannella incontra i ragazzi della III Casa Circondariale di Rebibbia
Marco Pannella incontra i ragazzi della Terza Casa di Rebibbia
Passaggio a Sud Est - La realtà politica dell'Europa sud orientale
Patrimonio - Magi: no a delibera senza impegno chiaro su stop a concessioni. Contiueremo a dare contributo per gestione diversa del patrimonio
Dichiarazione di Riccardo Magi, presidente di Radicali italiani e consigliere comunale a Roma .
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In queste settimane abbiamo seguito la delibera sul patrimonio convinti che la dismissione degli immobili del comune di Roma che non abbiano un ruolo e un valore strategico sia la cosa più opportuna e che vada fatta tentando di massimizzare gli introiti. Due settimane fa, quando questo provvedimento è stato incardinato in aula, i massimi attori politici capitolini, inclusi sindaco e assessore, di maggioranza ma pure di opposizione, erano convinti che applicare lo sconto del 30% fosse un obbligo di legge. Noi abbiamo dimostrato che non era così e quindi ne abbiamo ottenuto l'abolizione, sollevando da Radicali, quindi in modo costruttivo, anche altre questioni centrali attraverso emendamenti fortemente migliorativi della delibera: dall’eliminazione totale dello sconto ai conduttori, al diritto di prelazione al prezzo uscito dall’asta e non di opzione, all’abbattimento del 10% del prezzo dopo la prima asta deserta. Il modo, però, in cui sono stati recepiti rappresenta un compromesso al ribasso che non mette l’amministrazione a riparo da ricorsi, tutt’altro.
Abbiamo poi chiesto un impegno politico esplicito e chiaro che fosse un segnale inequivocabile di come l'amministrazione intenda affrontare l’opacità delle concessioni del patrimonio in cui da decenni si annidano i poteri più clientelari della Città: un giro di affari che di fatto finisce per creare attività che operano in concorrenza sleale nel campo del sociale, culturale, fino a quello della ristorazione.
Abbiamo chiesto la revisione di tutte le concessioni, a partire dalla revoca delle sedi che attualmente sono concesse a partiti e sindacati che sono tra i soggetti che in Italia hanno i patrimoni immobiliari più grossi, dunque non si comprende perché debbano ricevere da un'amministrazione in difficoltà come Roma un aiuto del genere. E non conta quante siano le sedi regalate ai partiti, conta invece il modo in cui si concepisce e vive il rapporto tra amministrazione e politica. Per questo abbiamo avanzato anche una proposta: invece di lasciare all'amministrazione comunale la scelta dei soggetti cui regalare una sede. Il comune deve avere delle sedi in tutti i municipi che attrezza con dei servizi, connessione internet, un minimo di attrezzatura per proiezioni e incontri pubblici, aperti a tutti i soggetti sociali, civici e politici. Un uso condiviso anziché esclusivo e clientelare. Il presidente della Commissione Patrimonio Pedetti si è espresso chiaramente contro questa proposta, rivendicando la scelta di sedi pubbliche ai partiti. Una visione alla Don Camillo e Peppone, cioè sostanzialmente di parastato. E’ ovvio infatti che se deve scegliere l'amministrazione, le sedi continueranno ad essere affidate alle realtà più vicine al potere. Da parte del sindaco Marino e l'assessore Cattoi non è venuto un impegno esplicito e pubblico in questa direzione.
Per questi motivi e altri motivi espressi nei giorni scorsi ho ritenuto di votare contro questa delibera. Vogliamo continuare a dare il nostro apporto come sempre costruttivo e propositivo sperando che anche nella maggioranza si possa aprire un dibattito serio su questi punti.
Mi si vive e accusa di essere troppo polemico sempre e comunque. Forse se negli anni passati ci fossero state più persone polemiche e quelle poche fossero state più ascoltate le istituzioni capitoline non sarebbero nello stato di degrado in cui si trovano ora.
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Overshoot
Perduca: all'ONU sulla Ketamina l'Italia, e senza argomenti, sostiene la Cina contro i paesi poveri
Dichiarazione di Marco Perduca, Rappresentante all'Onu del Partito Radicale e membro della giunta dell'Associazione Luca Coscioni:
"Lo avevamo denunciato un paio di settimane fa e si è puntualmente
verificato: l'Italia ha deciso di allinearsi, ma forse andrebbe detto allearsi, con la Cina nel richiedere che la ketamina venga inclusa nella prima tabella della Convenzione sugli stupefacenti delle Nazioni unite del 1971 per renderla una sostanza da proibire in tutto il mondo.
La ketamina è un anestetico usato dai veterinari nei paesi ricchi ma in migliaia di ospedali nei paesi poveri. Costa poco ed è di facile somministrazione ed anche per questi motivi l'Organizzazione Mondiale della Sanità la ritiene una medicina essenziale. Negli anni vari paesi hanno chiesto una valutazione della pericsolosità della ketamina e l'OMS ha sempre confermato che i rischi di un uso diverso da quello medico non superano i benefici che la ketamina produce per miliardi di persone che vivono nei paesi poveri. Per ben cinque volte negli ultimi
10 anni, l'OMS ha sempre scoraggiato un regime di proibizione per la ketamina.
Il governo italiano, senza consultare la comunità scientifica nazionale, né prendere in considerazione i dubbi posti dall'interrogazione parlamentare preparata dall'Associazione Coscioni e prontamente presentata dalla deputata Socialista Pia Locatelli, ha dato istruzioni per sostenere la richiesta cinese - tra i paesi europei solo l'Ungheria ha fatto altrettanto (vedasi paragrafo 45 del documento E/CN.7/2015/7 a questo sito http://www.unodc.org/unodc/en/commissions/CND/session/58_Session_2015/CND-58-Session_Index.html).
La proposta cinese dovrà adesso esser affrontata dalla plenaria della 58esima sessione della Commissione Droghe delle Nazioni unite che si terrà a Vienna dal 9 al 17 marzo prossimi. C'è da sperare che l'Italia non insista col sostegno alla Cina né colla forzatura delle procedure per forzare un voto sulla richiesta di proibizione della ketamina. Il Partito Radicale sarà presente a Vienna con una delegazione per l'intera durata dei lavori.
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Giorgio Almirante: la Destra italiana e il Mezzogiorno
Utilizzo di sorgenti radioattive nelle attività estrattive. Bolognetti, agli amici dell'Abruzzo e delle Marche dico: Sì, la Baker ha utilizzato sorgenti radioattive.
Come sui siti di bonifica, come sull'anagrafe dei siti da bonificare, come sul caso Fenice, come sui veleni di regime, i veleni industriali e politici che appestano la Basilicata e l'Italia intera, questa è l'opera svolta in questi anni.
Per la prima volta la conferma dell'utilizzo delle sorgenti radioattive nelle attività collegate alla ricerca ed estrazione di idrocarburi.
Conoscere per deliberare, appunto.
Fame di Diritto, Legalità, Giustizia, Democrazia, Conoscemza
Di Maurizio Bolognetti, Giunta Radicali Italiani e Consigliere Associazione Coscioni(al 18° giorno di sciopero della fame
C’è un diritto alla verità da intendersi come diritto alla conoscenza. C’è un diritto umano alla conoscenza che occorre contrapporre a una presunta ragion di Stato, che in terra di Basilicata viene declinata in ragion di Company e di Lobby.
Perché, ripetutamente, la Prefettura di Potenza è costretta a richiamare alcune società che lavorano per conto delle compagnie petrolifere, rammentando che quando si utilizzano sostanze radioattive “le comunicazioni devono pervenire alle amministrazioni competenti almeno 15 giorni prima dell’impiego e devono necessariamente indicare la località nonché la data dell’impiego della sorgente radioattiva”, al fine - aggiunge la Prefettura - “di consentire le attività di vigilanza e controllo”?
La storia delle attività di estrazione idrocarburi made in Basilicata è fatta di troppe ombre e poche luci. Lor signori ci hanno negato monitoraggi adeguati e controlli rigorosi e per un pugno di barili, da circa 20 anni, continuano ad appestare le matrici ambientali della nostra terra con i loro veleni e i loro reflui.
Dov’è la legge, dov’è lo Stato, dove sono gli organi di controllo in territori assurti ad enclave delle compagnie petrolifere?
A volte pronunciata ad alta voce, a volte masticata a mezza bocca e quasi sussurrata, da anni una domanda rimbomba da un capo all’altro della regione: le compagnie petrolifere operanti in Basilicata hanno utilizzato nelle loro attività sostanze radioattive?
Finalmente siamo in grado di far cadere un altro velo di omertà e silenzio e di aggiungere un ulteriore tassello ad una indispensabile e non più rinviabile operazione verità: sì, lo hanno fatto.
Ai veleni - non pochi - collegati alle attività di ricerca ed estrazione idrocarburi, che con certezza assoluta hanno contaminato le matrici ambientali delle nostre valli, si aggiungono anche le sorgenti radioattive utilizzate da Eni in Val d’Agri e da Total nella Valle del Sauro.
Non so se l’utilizzo di queste sostanze abbia provocato danni all’ambiente, come certamente è avvenuto per le emissioni provenienti dal Centro Oli o per l’azzardo rappresentato da trivellazioni effettuate a ridosso di invasi e sorgenti; quello che so è che di certo sono state usate. La certezza l’ho avuta dalla risposta che Arpab ha dato a un mio quesito il 30 dicembre 2014: “da quanto risulta agli atti, gli eventuali impieghi di sorgenti radioattive presso i cantieri Eni di Viggiano – in fase di ricerca, trivellazione, esplorazione, estrazione di idrocarburi – sono effettuati da Ditte esterne, tra cui ad esempio risultano comunicazioni a tal fine pervenute da parte della Ditta ‘Wetherford Mediterranea SpA’ di Ortona(Ch) e dalla Ditta ‘JMItalia srl’ di Vaprio d’Adda”.
E in effetti, quanto scritto dall’Agenzia trova puntuale riscontro in una nota che la stessa invia alla Prefettura di Potenza, ai Vigili del Fuoco e all’Asp, avente per oggetto una comunicazione datata 24 marzo 2014, con la quale la Wetherford Mediterranea SpA segnala “l’impiego di sorgenti radioattive presso 3 pozzi dell’Eni in agro di Marsiconuovo e in agro di Viggiano”.
Senza voler fare gratuiti allarmismi, dalla lettura dei documenti di cui sono venuto in possesso si evince che l’utilizzo delle sorgenti in oggetto non è esattamente esente da rischi e che le stesse sono state utilizzate per effettuare indagini geofisiche sui pozzi Cerro Falcone 9Or, Monte Alpi 5Or e Monte Enoc 5Or, attraverso un “Generatore di neutrone contenente la sorgente radioattiva Trizio”.
Spostandosi dalla Valle dell’Agip alla Valle del Sauro la musica non cambia: le sorgenti radioattive vengono utilizzate anche dalla Total e magari, chissà, occorrerebbe far chiarezza anche sul rispetto delle norme di sicurezza.
Il 12 febbraio 2014, la Prefettura indirizza una nota alla Wetherford avente per oggetto “Comunicazione impiego sorgenti radioattive” presso il pozzo petrolifero Tempa Rossa 2 Dir-St,.
Il 18 febbraio 2014, la stessa Prefettura invia una comunicazione alla “Schlumberger SpA”, avente anch’essa per oggetto l’utilizzo di sorgenti radioattive presso il pozzo Total denominato “Tr-2.G2”.
La nota più interessante, però, in questa ennesima storia di informazioni ambientali “secretate” è quella che Arpab indirizza il 16 gennaio 2014 alla Prefettura di Potenza, avente per oggetto l’utilizzo di sorgenti radioattive ad alta attività da parte della società “Baker Hughes”, presso il cantiere di perforazione Tempa Rossa in agro di Corleto Perticara.
Nella sopra citata comunicazione viene segnalato al Prefetto che le sorgenti radioattive impiegate dalla Baker rientrano tra quelle “ad alta attività” di cui al D.LGS 52/2007, ma soprattutto dalla stessa apprendiamo di “almeno” una situazione incidentale verificatasi sul territorio lucano connessa all’utilizzo di sorgenti radioattive e precisamente presso il Pozzo Gorgoglione 2 ST quater. Nel rammentare l’episodio, mai assurto agli onori della cronaca, l’Agenzia racconta di una sonda, “contenente sorgenti radioattive”, incastratasi e “abbandonata nel sottosuolo a grande profondità”. L’Arpab conclude la missiva affermando che occorre “prevenire e limitare i danni in caso di eventi accidentali del tipo suddetto, cercando di evitare che le sorgenti impiegate diventino successivamente “orfane”, abbandonate nell’ambiente e lasciate in eredità, con notevoli difficoltà di controllo e di applicazione di tutte le norme di radioprotezione”.
Nell’affermare che rende non poco inquieti quel “almeno un caso noto sul nostro territorio regionale”, che lascia presupporre possibili altri casi non noti, credo sia davvero giunto il momento di spalancare porte e finestre anche sulla questione dell’utilizzo delle sorgenti radioattive nell’ambito delle attività di ricerca ed estrazione idrocarburi che insistono nelle nostre valli.
Approfondimenti
Gazzetta del Mezzogiorno, 17 gennaio 2015
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Calibri;mso-bidi-font-family:"Times New Roman";mso-ansi-language:IT;mso-fareast-language:
EN-US;mso-bidi-language:AR-SA">Nuova del Sud, 18 gennaio 2015
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