Politica
Intervista a Laura Fano Morrisey sul suo libro "Invisibili? Donne latinoamericane contro il neoliberismo"(Ediesse)
Eutanasia, Cappato: il Palazzo risponda a Piludu prima che sia troppo tardi
Dichiarazione di Marco Cappato, promotore della campagna Eutanasia legale e Tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni
Walter Piludu, malato di sla, ex Presidente della Provincia di Cagliari ha rivolto a Angelino Alfano, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Matteo Renzi, Matteo Salvini, Nichi Vendola, Beppe Grillo, Mario Monti delle domande semplici, che ha inoltrato anche a Papa Francesco, e che non devono essere eluse: "è accettabile, è umano, è pietoso costringere una persona e i suoi cari ad un tale fardello di prolungata, indicibile sofferenza? Mi chiedo e vi chiedo: perché costringermi ad andare in Svizzera invece di poterlo fare vicino ai miei affetti, nella mia terra, nella mia patria? Ancora, mi chiedo e vi chiedo: se, come temo, non potrò andare in Svizzera, in ragione di insuperabili ostacoli logistici ed emozionali, in quale altro modo potrò realizzare la mia volontà se non col rifiuto di acqua e cibo e, dunque, con una lenta morte per sete e fame?" Come Associazione Luca Coscioni ci uniamo alla richiesta di Walter Piludu (che ci fa l'onore di essere anche nostro iscritto) e sollecitiamo, come lui stesso ha fatto una risposta non soltanto alla sua lettera, ma anche alla proposta di legge di iniziativa popolare da noi depositata nel settembre 2013, cioè lo stesso mese nel quale Walter Piludu ha visto precipitare le proprie condizioni: "da metà del 2013 -scrive Piludu- sono completamente immobilizzato, vivo con un tubo che collega, 24 ore al giorno, il mio naso ad un respiratore meccanico, le mie funzioni vocali sono fortemente compromesse, non avendo più il riflesso difensivo della tosse mangio e bevo ogni volta con il terrore che qualcosa vada di traverso – mi è già successo due volte- generando una situazione terribile di soffocamento". Come si vede, la richiesta di una risposta è della massima urgenza.
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SLA: L’atroce realtà dei malati e delle loro famiglie: uno stato assente e ostile. Una vita degna di questo nome, diritto da conquistare. Dichiarazione di Maria Antonietta Farina Coscioni
La dirigente radicale Maria Antonietta Farina Coscioni ha rilasciato oggi la seguente dichiarazione: “C’è da conquistare il diritto a una morte dignitosa, ma soprattutto c’è da conquistare il diritto a una vita che meriti di essere vissuta. Da questo punto di vista i casi sempre più frequenti di malati si SLA che rivendicano i loro diritti colpevolmente disattesi, sono un caso paradigmatico. Il poter mettere la parola fine in piena coscienza e consapevolezza a uno stato che si ritiene insopportabile e inutilmente doloroso, è solo l’anello terminale di una lunga catena: costituita da scelte e necessità quotidiane che lo Stato dovrebbe garantire e che nei fatti disattende. Come ben sa chiunque si trovi coinvolto con la SLA, questa malattia richiede assistenza continuativa e qualificata; tecnologia avanzata; sostegni concreti e psicologici. Niente di tutto questo viene garantito. Lo Stato sceglie di erogare finanziamenti a organizzazioni private e delega loro compiti che sono suoi, foraggia “residenze” che si tramutano in veri e propri ghetti per i malati di SLA, che non sono “liberi” di decidere, se lo desiderano, di poter continuare a vivere all’interno del proprio nucleo familiare. Questo perché un malato di SLA ha dei costi che solitamente una famiglia non è in grado di sostenere, e le istituzioni non se ne fanno carico. Ci sono delle precise responsabilità: l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza è bloccato al 2001! Gli ausili e le protesi sono obsoleti; se il malato vuole, come suo diritto, strumenti tecnologicamente avanzati, deve pagarli di tasca propria; lo Stato inoltre non si limita a non voler garantire un’adeguata assistenza in vita; si accanisce contro il malato, impedendogli di decidere quando far uso delle macchine “salvavita”, e quando decidere di privarsene… Questa l’atroce realtà del malato di SLA che si occulta, che si impedisce sia conosciuta e dibattuta; malati e le loro famiglie ostaggi di logiche perverse e mercantiliste, e uno Stato (e una classe politica) colpevolmente assente e indifferente. È per il diritto a una vita degna di questo nome che si deve lottare, per il diritto di tutti e di ciascuno di determinare quando non la si ritiene più degna e si vuole scrivere la parola "Fine’”.
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Convegno: "Diventare globali. La sfida dell'internazionalizzazione per le imprese italiane"
Rom, Magi: in sciopero della fame per chiusura centro fuori legge finanziato con milioni dei romani. Si riconvertano queste risorse per percorsi inclusione per Rom e non Rom
Il Presidente di Radicali Italiani: "Per il centro accoglienza di Via Visso Comune paga milioni di euro per tenere cittadini rom in 2,5 mq a testa, senza aria né luce naturale. Dalla mezzanotte di ieri ho iniziato un digiuno per chiedere al sindaco Marino la chiusura di questo centro che viola legge e diritti e causa enorme spreco di risorse pubbliche. Il superamento dei campi Rom deve partire da qui".
“Mentre su periferie, immigrazione e Rom assistiamo da settimane alla messa in scena di uno scontro strumentale e ideologico tra chi vorrebbe “mandarli via tutti” e chi invece - per interesse o buona fede - si schiera a difesa di un sistema fallito, milioni e milioni dei contribuenti continuano a essere sperperati in politiche di accoglienza inadeguate che violano leggi e diritti fondamentali e non producono risultati.
Uno scandalo che a Roma è rappresentato in modo emblematico dal Best House Rom di via Visso, il “centro di accoglienza” inaugurato nel 2012 dall'Amministrazione Alemanno, finanziato dal Comune e gestito dalla Coop. Soc. Inopera, dove oltre 300 cittadini Rom vivono in condizioni disumane, con un enorme esborso di risorse pubbliche e in violazione delle leggi italiane ed europee”, lo dichiara Riccardo Magi, Presidente di Radicali Italiani e consigliere al Comune di Roma.
Per questo ho deciso di intraprendere dalla mezzanotte di ieri uno sciopero della fame di dialogo rivolto al sindaco Ignazio Marino, e all’Amministrazione Capitolina, per portare istituzioni e opinione pubblica a conoscenza di questo caso e dare il mio contributo perché si trovi la forza di chiudere questa struttura. Ecco la mia proposta: chiudere questo centro illegale il prima possibile e convertire le ingenti risorse che ogni mese vengono dissipate, per costruire quei percorsi di inclusione abitativa e lavorativa per Rom e non Rom che attualmente sono del tutto assenti” annuncia Riccardo Magi.
“Quella di via Visso è una realtà fuori legge e ignorata a cui bisogna porre fine. La struttura non ha nemmeno l’abitabilità e le sue condizioni sono paragonabili a quelle di un lager: privo di fonti di luce naturale e di ricambio d'aria e con servizi igienici insufficienti, con gravissimi rischi per la salute degli adulti e soprattutto dei bambini. Un lager, però, dai costi esorbitanti, che l’anno scorso è costato oltre 1 milione di euro dei cittadini romani e nel 2014 ne costerà almeno doppio. Roma Capitale spende infatti 600 euro al mese a persona per tenere famiglie intere accalcate in stanze di appena 12 mq senza finestre”.
"E’ urgente uscire dall'angolo di un dibattito demagogico, utile solo a nascondere le vere cause del disagio sociale delle nostre periferie e ad alimentare il clima di tensione. Siamo davanti a un drammatico deficit di accountability democratica: i campi, e luoghi come via Visso, sono infatti un problema non solo per chi li abita e per chi risiede nei dintorni, ma per la democrazia, perché se si ammette la sospensione dello stato di diritto e della legalità, promuovendola perfino a modello istituzionale, si opera contro la possibilità di una vita civile democratica. Proprio per questo la mia azione è al contempo una adesione all’iniziativa per la giustizia giusta, per la legalità del sistema della carceri italiane, per il diritto alla conoscenza, per lo stato di diritto, che Marco Pannella sta rilanciando in queste ore” conclude Magi.
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Vie d'acqua: Expo condannata per aver negato a Cappato copia del progetto. La società dovrà consegnargli il progetto e versargli 1.800 euro
Cappato: se Sala non riesce a garantire il rispetto della legge, rinunci al ruolo di Commissario o a quello di Amministratore delegato
Comunicato stampa del Gruppo Radicale - federalista europeo a Milano
La società EXPO 2015 è stata condannata dal TAR della Lombardia (a questo LINK copia della sentenza) a fornire al Presidente del Gruppo Radicale - federalista europeo al Comune di Milano Marco Cappato copia del progetto "Vie d'acqua sud", che Cappato aveva chiesto a maggio 2014 per poter valutare l'impatto sul territorio della nuova versione di un'opera da subito denunciata come inutile da Milanosìmuove e dai Radicali, e realizzata con un appalto commissariato a novembre 2014. Il TAR ha anche condannato EXPO 2015 al pagamento a Cappato di 1.800 Euro oltre IVA e Contributo obbligatorio. La società EXPO 2015 aveva negato copia dei documenti di progetto in quanto non ancora "perfezionati e approvati da competenti organi", ma il TAR ha ribadito l'obbligo di consentire l'accesso ad atti anche in itinere per consentire al ricorrente di provare a "fornire soluzioni alternative" rispetto al progetto in corso. A seguito della sentenza, Marco Cappato ha dichiarato: "lL vie d'acqua sono un'opera tanto inutile quanto devastante, uno spreco di danaro che abbiamo denunciato prima ancora che la magistratura se ne interessasse. Dopo tutto quello che è successo, il minimo sarebbe stato da parte di EXPO 2015 di rispettare la legge nel fornire puntuale accesso agli atti ai Consiglieri comunali, ma anche ai Comitati e ai cittadini. Invece, non è bastato nemmeno un ricorso davanti al TAR per ottenere i documenti richiesti. Chiedo all'Amministratore delegato di Expo 2015 e Commissario unico a Expo, Giuseppe Sala, di spiegare le ragioni di un comportamento del genere e quali provvedimenti intenda prendere per il futuro. Se nella sua duplice veste non riesce a garantire il rispetto della legge nemmeno su una questione così elementare come la risposta ad un accesso agli atti, allora è meglio che si faccia da parte o come Commissario o come Amministratore delegato. Non è infatti ragionevole continuare -come fanno Maroni e Pisapia- a far gravare sulla stessa persona sia le responsabilità di gestione sia quelle di indirizzo e controllo".© 2014 Partito Radicale. Tutti i diritti riservati