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Bergoglio/aborto/eutanasia. Viale: è lo Stato laico che è latitante, il problema non è Bergoglio
Pronto il commento di Silvio Viale, certamente uno dei medici più impegnati su aborto e eutanasia, all'appello di Papa Bergoglio ai medici cattolici dell'AMCI, oggi in udienza a Roma, per l'obiezione di coscienza.
Silvio Viale, che è iscritto al PD e ed è consigliere comunale, oltre ad essere un esponente di EXIT-Italia e dell'Associazione Luca Coscioni, ha così commentato:
"Il problema non è Bergoglio. Non è nemmeno l'obiezione di coscienza. Il problema è la latitanza di uno Stato laico, perlopiù ostile, impaludato da oltre trent'anni sui diritti civili. Il punto non è se i medici cattolici, ma anche di qualunque altra religione, o anche di nessuna religione, facciano obiezione di coscienza. Il punto è lo Stato che deve garantire i servizi e la libertà di tutti i propri cittadini. L'aborto ha contribuito ad emancipare la donna dalla schiavitù riproduttiva e a tutelare al meglio la sua salute, mentre l'eutanasia volontaria affranca tutti da sofferenze insopportabili e ritenute non dignitose. Liberi i cattolici di non abortire, di soffrire e di non accorciare il proprio fine vita, ma non liberi di imporre la loro morale allo Stato. Liberi loro, ma liberi anche noi, liberi entrambi di potere cambiare opinione al momento opportuno."
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Papa: Cappato "lo Stato deve impedire che l'obiezione di coscienza si trasformi in imposizione"
Dichiarazione di Marco Cappato, Tesoriere dell'associazione Luca Coscioni e promotore della campagna per l'eutanasia legale
Non è un sorpresa che Papa Bergoglio abbia oggi confermato l'impostazione vaticana sull'obiezione di coscienza in materia di aborto ed eutanasia. Il problema, almeno nel nostro Paese, è l'incapacità delle istituzioni di garantire i diritti di tutti e di impedire che attraverso l'obiezione di coscienza si realizzi il boicottaggio della legge. Spetta infatti allo Stato italiano il compito di garantire che l'obiezione di coscienza non si trasformi in imposizione di coscienza dei medici sulle donne e sui malati, e che sia l'assistenza medica all'aborto che all'interruzione di terapie vitali sia garantita a tutti e nelle migliori condizioni.
Per quanto riguarda l'eutanasia in senso più stretto -cioè l'intervento diretto del medico volto a provocare la morte del paziente che ne fa richiesta- va anche chiarito che la vera minaccia oggi non è certo per i medici che si oppongono, ma per quelli che scelgono di assecondare le richieste del paziente, e che rischiano fino a 15 anni di carcere per omicidio del consenziente. La questione dell'obiezione di coscienza in Italia si porrà dunque quando l'eutanasia sarà legalizzata come l'aborto, mentre oggi è la coscienza dei malati ad essere calpestata insieme a quella dei medici disposti ad aiutarli a morire senza soffrire.
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