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Le dichiarazioni di Bolognetti dopo l’assoluzione nel Processo Inquinamento Pertusillo
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Bolognetti: C’è un giudice a Berlino!
Di Maurizio Bolognetti, Direzione Radicali Italiani e Segretario di Radicali Lucani(in sciopero della fame dalle ore 23.59 del 7 maggio a sostegno degli obiettivi dell'iniziativa nonviolenta di Marco Pannella e del Satygraha radicale)
Questa volta posso scriverlo senza punto interrogativo: c'è un giudice a Berlino.
Per il Tribunale di Potenza, per il collegio giudicante presieduto dal dott. Gubitosi, non ci fu rivelazione di segreto in relazione alla divulgazione di dati ambientali inerenti la diga del Pertusillo. Ed è così. Ho onorato il diritto e la legge; ho svolto un ruolo di supplenza rispetto ad Enti pubblici che troppo a lungo hanno taciuto, nascosto dati, non hanno controllato o peggio hanno viaggiato a braccetto con coloro che avrebbero dovuto controllare.
Ho applicato alla lettera la Convenzione di Aarhus e “Il Principio dell’Azione Ambientale” sancito dall’art. 3-ter del Codice dell’Ambiente, che recita: “La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché al principio "chi inquina paga" che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale.” Nel gennaio del 2010 ho divulgato analisi che l’Agenzia regionale per l’Ambiente non aveva mai ritenuto di dover diffondere; e per rispondere ad un linciaggio a mezzo stampa, sapientemente orchestrato da qualche prefica prezzolata, ho commissionato alla Biosan di Vasto analisi sui principali invasi lucani, che hanno confermato una contaminazione chimica e biologica della diga del Pertusillo e non solo. Ci sono voluti 4 anni per archiviare un’indagine lunare, come lunare era l’accusa che mi è stata contestata di rivelazione del segreto d’ufficio. Nel gennaio del 2012, ho appreso che la moglie del dottor Salvatore Colella, il Pm che nel marzo del 2010 ebbe a disporre il mio fermo in caserma e la perquisizione della mia abitazione, è stata tra i difensori di Vincenzo Castellano. Il Gruppo Castellano in Basilicata vanta contratti milionari con Eni e Total.
La notizia emerge da una informativa del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri che, in data 12 ottobre 2012, indirizzavano un’informativa alla Procura della Repubblica di Potenza, nella quale tra l’altro scrivevano: "Il giorno 22 giugno 2012[...]si presentava presso questi uffici l'avvocato Marisa Clemente, dichiaratasi avvocato di fiducia di Castellano Giovanni[...]Nelle fasi di verifica della documentazione fornita , la stessa avv. Clemente comunicava en passant ai carabinieri...di essere la moglie del dottor Salvatore Colella, sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Potenza".
Premesso che essere “la moglie di…” non rappresenta un reato, e che l’avvocato Marisa Clemente ha semplicemente svolto il suo lavoro, garantendo il sacrosanto diritto alla difesa, torno a chiedermi, però, se sia opportuno che il dottor Colella continui ad esercitare le sue funzioni di inquirente in Basilicata.
Così come devo necessariamente tornare a chiedere ragione al dottor Nino Grasso delle infamie che ebbe a scrivere sul mio conto in un editoriale, pubblicato sulla Nuova del Sud il 14 gennaio del 2010. Qualche mese dopo, il dottor Grasso fu nominato portavoce del Presidente della Giunta regionale, carica che ricopre tutt’ora.
Sì, di cose da scrivere ne ho tante e c’è da continuare ad onorare la "verità" e un minimo dato di memoria, ma almeno per oggi mi limito a dire grazie al dott. Gubitosi, al mio avvocato Vincenzo Montagna, a chi si è indignato e a chi mi ha sostenuto e mi sta manifestando stima e affetto.
Oggi mi limito a ricordare all’Arpab, alle ASL lucane, a tutti, l’art. 5 comma c della Convenzione Aarhus: “In caso di minaccia imminente per la salute umana o per l’ambiente, imputabile ad attività umane o dovuta a cause naturali siano diffuse immediatamente e senza indugio tutte le informazioni in possesso delle autorità pubbliche che consentano a chiunque possa esserne colpito di adottare le misure atte a prevenire o limitare i danni derivanti da tale minaccia”.
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